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3 Giugno 2022
Ultima modifica: 11 Giugno 2022 ore 22:46

Referendum: cosa voteremo il 12 giugno

Domenica 12 giugno, tra le 7 e le 23, si terranno le elezioni amministrative in 978 comuni italiani ma anche un referendum con cinque quesiti in tema di giustizia: ecco cosa prevedono.
Referendum: cosa voteremo il 12 giugno
Legge Severino, misure cautelari, separazione delle carriere dei magistrati, valutazione della loro professionalità e del modo in cui possono candidarsi al Csm. Le conseguenze di una eventuale vittoria del "sì".
Il12 giugno 2022 i cittadini italiani sono chiamati alle urne (oltre che per le elezioni amministrative nei comuni in cui è previsto) anche su cinque quesiti referendari promossi da Radicali e Lega. I quesiti, oltre ad essere dotati di poco “appeal” per la particolare complessità, pare non abbiano avuto, a differenza del passato, una particolare spinta diffusiva ed esplicativa nell’opinione pubblica.
Il referendum indetto avrà natura abrogativa e dovrà raggiungere, per la sua validità il quorum del 50% degli aventi diritto al voto.  Volendo dar credito ai sondaggi, pare che ci sia molta perplessità sull’affluenza alle urne. Già dalle esperienze referendarie precedenti infatti, l’elettore, quanto più erano di ardua comprensione i quesiti, tanto più aveva faticato a rischiare di esprimere un voto non sufficientemente consapevole.

Cosa propongono i cinque questiti referendari 

I quesiti proposti sono cinque e interrogano il difficile tema della Giustizia.
I primi due riguardano rispettivamente:
  • l’abrogazione della cosiddetta Legge Severino che disciplina l’incandidabilità e la decadenza dalle cariche pubbliche dei politici nel caso in cui questi abbiano commesso alcune tipologie di reato: si vorrebbe cancellare la legge.
  • le cosiddette “misure cautelari”, ossia quei provvedimenti che un giudice può disporre, su richiesta del pubblico ministero, verso una persona non ancora condannata in via definitiva, per esigenze, appunto, “di cautela”: si vorrebbe ridurre le possibilità di applicazione.
Gli altri tre quesiti affrontano la complessa disciplina che regolamenta l’autogoverno del terzo potere dello Stato: la magistratura e il potere giurisdizionale.
Ricordiamo, anche se i tempi oramai paiono stretti, che questi tre quesiti perderebbero di efficacia - e non sarebbero quindi più utili - nel caso si approvi definitivamente prima del 12 giugno la cosiddetta Riforma Cartabia sull’ordinamento giudiziario (che abbiamo già illustrato in un precedente articolo) e che proprio su queste norme va ad intervenire, con più oculata tecnica giuridica, nella direzione delle esigenze espresse dai promotori del referendum.
Le tre richieste abrogative vertono su:
  • la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti. I primi svolgono la funzione di giudice, mentre i secondi corrispondono ai pubblici ministeri (PM) cioè l’accusa; attualmente si può passare da un ruolo all’altro ogni 4 anni: si vuole definitivamente separarle.
  • le modalità con cui viene valutata la professionalità dei magistrati. Le valutazioni sono oggi effettuate dai consigli giudiziari, ossia gli organi “ausiliari” del Consiglio Superiore della Magistratura (ogni 4 anni a campione) in cui i componenti esterni (avvocati e professori universitari) non hanno potere di valutazione: si vuole che anche i componenti laici esterni abbiano potere di voto.
  • le modalità con cui i magistrati interessati possono candidarsi al Csm. Al momento, è necessario che ogni candidatura sia accompagnata da almeno 25 firme (e massimo 50) raccolte tra altri magistrati: si vuole eliminare il limite delle firme a della necessità di questo consenso per potersi candidare.
Se rispetto ai primi due quesiti le conseguenze del SI, a cambiamento dell’attuale legislazione, possono essere di più facile intuizione e comprensione, gli ultimi tre lascerebbero inevitabilmente degli importanti vuoti normativi da colmare, su cui il legislatore dovrebbe correre ai ripari con una certa urgenza, per non lasciare carente di disciplina in merito l’organo costituzionale del potere giudiziario.

Le conseguenze del voto referendario

Le conseguenze del NO (o il non raggiungimento del quorum di votanti) comporterebbero il mantenimento dello status attuale, mentre le conseguenze del SI abrogativo inciderebbero non poco sull’attuale assetto dell’ordinamento.
  • Se passasse il SI al quesito referendario sulla legge Severino, questa verrebbe totalmente abrogata e non solo per la parte relativa agli amministratori locali condannati in via non definitiva. In sostanza, anche i condannati in via definitiva potrebbero candidarsi o continuare il proprio mandato, e verrebbe eliminata la sospensione automatica dall’incarico per gli amministratori locali in caso di condanna non definitiva anche per reati particolarmente gravi, come mafia o terrorismo; per reati contro la pubblica amministrazione, come peculato, corruzione o concussione; per delitti non colposi per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore a quattro anni. Il giudice potrà comunque decidere, caso per caso, se vietare a un persona condannata in via definitiva di ricoprire incarichi pubblici.
  • Il SI al quesito sulle misure cautelari eliminerebbe la possibilità di applicare la custodia cautelare in carcere in caso di pericolo di reiterazione del crimine per cui si è accusati, per reati di pena maggiore di 4 anni o 5 anni. Se, dunque, la sola esigenza cautelare fosse il rischio di reiterazione del reato, l’arresto in flagranza per diverse tipologie di reati (es: rapina, estorsione, spaccio di stupefacenti, delitti gravi contro la pubblica amministrazione, istigazione al suicidio) sarebbe seguito dalla immediata remissione in libertà.
Sugli altri tre quesiti del pacchetto di voto, in caso di vittoria del SI:  
  • abrogata la norma che consente la duplice carriera di PM e Giudice giudicante, resterebbe un vuoto da colmare per normare in maniera puntuale la scelta che i magistrati dovrebbero fare ad inizio carriera; le modalità, la tempistica con cui esercitare la scelta tra magistrato dell’accusa o magistrato giudicante. Servirà dunque una nuova legge;
  • abrogata la norma sulla valutazione a campione della professionalità dei magistrati sarà necessario un intervento legislativo del Parlamento per la riscrittura degli articoli abrogati in particolare per salvaguardare un aspetto importante: occorrerà fare attenzione massima a rimuovere tutte le possibili situazioni in cui avvocati e magistrati possano ingraziarsi tra loro, a tutela dell’indipendenza di entrambi;
  • la portata abrogativa del quinto quesito è più semplice in quanto incide solo sulla modalità di presentazione della candidatura al CSM per cui non sarebbe più necessaria la base di consenso delle 25 firme ma anche quindi individualmente ogni magistrato sarebbe candidabile.