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16 Marzo 2024

San José Gabriel

Il 16 marzo la Chiesa fa memoria del prete «gaucho»
San José Gabriel
«Dio è come i pidocchi, c’è dappertutto, ma preferisce i poveri»
Era soprannominato “el cura gaucho” (il prete gaucho) perché percorreva i lunghi sentieri aridi e desolati dei 200 chilometri quadrati della sua parrocchia in sella ad una mula, vestito come un gaucho, con un ampio cappello, il poncho sulle spalle e la talare che gli sbucava di sotto; in mano il libro di preghiere e il messale, tenuti insieme con un nastro rosso perché non si perdessero durante i lunghi viaggi; come bagaglio tutto l’occorrente per celebrare Messa.
Aveva ottenuto a pieni voti il titolo di Maestro in Filosofia all’Università di Córdoba (Argentina): questa qualifica però non la usò per separarsi dalla povera gente, ma lo aiutò ad attuare una strategia di “incarnazione” ed arrivare dritto al cuore di quella gente semplice. Nelle sue omelie usava paragoni con la vita di tutti i giorni, episodi e aneddoti facili da capire, usando i termini dei contadini e dei pastori, come quando diceva: «Dio è come i pidocchi, c’è dappertutto, ma preferisce i poveri».

Della sua parrocchia sant’Alberto, un paese a 3 giorni di cavallo dalla città, facevano parte mandriani, contadini, povera gente per lo più analfabeta. “El cura Brochero”, spinto dal forte desiderio di evangelizzarli, propose loro di fare gli Esercizi Spirituali sullo stile di Sant’Ignazio di Loyola.
Riuscì a farli fare ad un numero considerevole di uomini e donne procurando loro i cavalli e il denaro necessari per percorrere gli oltre 150 km di distanza da Cordoba.
Credeva talmente in questa sua scelta pastorale che per riuscire ad abbattere almeno i tempi del viaggio costruì una nuova casa di esercizi a Villa del Tránsito: un edificio che adesso porta il suo nome. Ai sacerdoti che lo aiutavano raccomandò per iscritto: «Quanto più i fedeli sono peccatori o rudi o incivili, tanto più li dovete trattare con dolcezza e amabilità nel confessionale, dal pulpito e nella relazione personale».
Si adoperò instancabilmente per la costruzione di chiese e scuole, per l’apertura di sedi postali e bancarie, e per l’estensione della rete ferroviaria.

Un pastore che odorava di pecora, povero tra i poveri

Era così forte il suo senso di condivisione con i poveri e gli emarginati che rimase contagiato dalla lebbra dopo aver condiviso un “mate” (tipica bevanda argentina) con alcuni lebbrosi che stava assistendo. Diventato sordo e praticamente cieco, nel 1908 rinunciò formalmente alla parrocchia che gli era stata affidata nel 1869; tornò a Córdoba e andò a vivere, con le sue sorelle, a Santa Rosa de Río Primero, dove era nato il 16 marzo 1840. Accecato dalla lebbra e praticamente sordo, iniziò così il periodo della sua decadenza fisica, durante il quale sentì di «pregare per gli uomini passati, presenti e quelli che verranno fino alla fine del mondo».
Ai suoi ex-parrocchiani il “cura Brochero” andava bene anche devastato dalla lebbra e lo reclamano a Villa del Transito nel 1912, per riprendere in mano l’ampliamento della linea ferroviaria, unica faccenda lasciata in sospeso. Il suo cuore cessò di battere il 26 gennaio 1914. È stato beatificato da Benedetto XVI il 14 settembre 2013 e canonizzato da papa Francesco il 16 ottobre 2016. La sua memoria liturgica è stata fissata al 16 marzo.
Papa Francesco lo descrive così: «Questo pastore odorava di pecora, si fece povero tra i poveri, lottò sempre per stare vicino a Dio e alla gente». Chiediamo al Signore il dono di tanti altri pastori con queste stesse caratteristiche!