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16 Maggio 2025
Ultima modifica: 16 Maggio 2025 ore 15:01

Scuola. Valditara contro smartphone e atti di bullismo

Oltre al voto in condotta, ora arriva anche il divieto degli smartphone. Comunità di don Benzi: investiamo sui percorsi di prevenzione tra i banchi di scuola tutto l'anno
Scuola. Valditara contro smartphone e atti di bullismo
Foto di Riccardo Ghinelli
La riforma Valditara sta creando pareri contrastanti tra docenti e studenti, e lo sciopero generale della scorsa settimana contro prove Invalsi e una scuola troppo "nozionistica" ne è un esempio. Il 9 maggio il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al decreto legislativo su bullismo e cyberbullismo. E lunedì 12 la linea dura del Ministro dell'Istruzione italiano sul divieto degli smartphone a scuola ha trovato l'appoggio di diversi paesi dell'Unione. Secondo gli educatori della Comunità di don Benzi che si occupano di prevenzione tutto l'anno, «È urgente rieducare alle relazioni i ragazzi ma anche coinvolgere le famiglie. La punizione da sola non basta».
Comportamenti violenti, dipendenze da internet e sostanze, abuso di alcol e farmaci, disturbi d’ansia e depressione sono tra le manifestazioni del malessere psicologico che si sono vertiginosamente moltiplicate tra gli studenti in Italia. Un fenomeno che scuote famiglie, scuole e servizi socio-sanitari, e che richiede nuove strategie nei luoghi più frequentati da questa fascia d’età.

Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara è dunque corso ai ripari. Il prossimo anno scolastico partirà con una maggiore attenzione al comportamento: 5 in condotta per la bocciatura, 6 per rimandare a settembre, sanzioni più dure per chi aggredisce compagni o docenti, niente più sospensioni “a casa” per chi li commette. Dovrà infatti frequentare regolarmente le lezioni, riflettere su quanto accaduto con ricerche ed elaborati e partecipare ad attività di volontariato in mense, ospedali, case di riposo o di manutenzione degli spazi scolastici. L’obiettivo è riaffermare il ruolo educativo della scuola.
Ma le novità sui comportamenti dannosi non finiscono qui: col decreto legislativo approvato venerdì 9 maggio dal Consiglio dei Ministri su bullismo e cyberbullismo s’intende mettere a disposizione un numero verde dedicato per chiedere aiuto, spiegare ai giovani i rischi legati all’uso della rete e responsabilizzare di più le famiglie di chi aggredisce.
Valditara il 12 maggio ha anche formalizzato ufficialmente a Bruxelles una richiesta di divieto di utilizzo degli smartphone nelle scuole dei Paesi dell'Unione europea sottoscritto già da Austria, Francia, Ungheria, Italia, Slovacchia e Svezia.

Bullismo e cyberbullismo. Il monitoraggio in corso nelle scuole

Proprio in queste settimane, il Ministero dell’Istruzione e del Merito sta realizzando online il 4°monitoraggio anonimo per gli studenti nelle scuole superiori e il 2° per i docenti di scuole primarie, medie e superiori per fotografare la situazione attuale. I dati del fenomeno finora sono infatti allarmanti: oltre 1 milione gli studenti tra i 15 e i 19 anni (47%), nel corso del 2024, hanno subìto episodi di cyberbullismo. Secondo i dati dello studio studio ESPAD®Italia 2024 del Consiglio nazionale per le ricerche di Pisa (CNR-Ifc), oltre 800.000 studenti (32%) hanno agìto cyberbullismo. La modalità aggressiva più diffusa è l’invio di insulti nelle chat di gruppo o addirittura di minacce via social, esponendo la vittima a un pubblico che non vede.

Il disagio adolescenziale è segnato anche da altri fattori preoccupanti: i dati più recenti del Dipartimento Politiche antidroga rilevano che circa il 40% dei giovani tra 15 e 19 anni ha consumato almeno una sostanza psicoattiva nel corso dell’anno, e non solo cannabis. Nonostante il divieto di vendita sotto i 18 anni, il 16% dei ragazzi tra 11 e 17 anni ha consumato almeno una bevanda alcolica all’anno, e il fenomeno più diffuso risulta il binge drinking (consumo di una quantità elevata di alcol in un breve lasso di tempo, spesso a digiuno, per raggiungere lo stato di ebbrezza). Atro dato allarmante riguarda l’abuso di psicofarmaci senza prescrizione medica che nel 2023 è stato riportato dal 10% degli studenti tra i 15 e 17 anni.
La Lombardia risulta la regione più colpita. Tra le problematiche più gravi segnalate dagli adolescenti, il 30% indica la pressione scolastica e sociale, il 28% le dipendenze (soprattutto da internet), il 23% ansia e depressione, mentre il 19% è stato vittima di bullismo e cyberbullismo.

Un anno di prevenzione: la risposta della Comunità Papa Giovanni XXIII

La Comunità Papa Giovanni XXIII ha raccolto la sfida di affrontare quel “male di vivere” che sembra avere messo radici profonde tra le nuove generazioni. Nel 2024, educatori e volontari, giovani testimonial sono entrati tra i banchi di scuola in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Abruzzo. Più di 5mila gli studenti ascoltati e coinvolti in percorsi di prevenzione. Alfabetizzazione emotiva e cyberbullismo tra i temi più gettonati.
È proprio sulla partecipazione attiva dei ragazzi che puntano gli educatori della Comunità di don Benzi, che sul voto in condotta e il divieto di smartphone dicono «possono essere strumenti utili ma la scuola in realtà gli strumenti li avrebbe già. Da tempo però sembra aver rinunciato a dedicare spazio all’alfabetizzazione emotiva e all’educazione alle relazioni, al rapporto di alleanza con la famiglia, alla scelta di figure educative stabili a supporto del gruppo classe, e non solo per intervenire al volo nei casi di bullismo. Bene responsabilizzare le famiglie ma non solo nell’emergenza. La prevenzione nelle scuole va fatta tutto l’anno».
Annualmente gli educatori portano avanti percorsi alternativi alla sospensione a casa all’interno delle scuole o presso strutture di accoglienza. «La scuola e il Consiglio di classe possono attivare tra le varie possibilità un pacchetto di attività in un rapporto uno ad uno tra studente e un nostro educatore, prima condividendo con famiglia e dirigente scolastico cosa sta accadendo - spiega Fethi Atakol coordinatore dei progetti di prevenzione in Emilia-Romagna. Non a caso “ripensare e re-agire” è il nome di uno dei nostri progetti per accompagnare verso un cambio di comportamento chi ha agìto violenza, dando poi una restituzione sia al ragazzo che insieme alla famiglia e agli insegnanti.
Anche prima della riforma Valditara, nelle città dove sono attivati i nostri progetti “re-attivi”, generalmente abbiamo proposto nel territorio attività extra scolastiche con persone disabili presso i nostri centri diurni, o attività di volontariato propositive in risposta ai bisogni di altri. A scuola invece proponiamo di individuare il bisogno della collettività e predisporre giochi per gli studenti o allestimento degli spazi per la festa finale. “Ascoltare facendo”, sistemare, aggiustare, ricostruire diventano simbolicamente e fattivamente modi per riparare l’agìto violento. Ma ci vorrebbero convenzioni annuali specifiche tra scuola e terzo settore sul piano preventivo e rieducativo, non risposte al volo nelle emergenze».
I percorsi di prevenzione della Comunità di don Benzi non si basano dunque solo sull’informazione ma sulla costruzione di una relazione di fiducia, una presenza in classe costante, e testimonianze dal vivo di giovani che hanno vissuto sulla pelle esperienze difficili.

 Ciò che colpisce spesso gli studenti non è tanto "cosa" o "quanto" realizziamo ma è "come" portiamo avanti i nostri percorsi. È urgente educare alle relazioni tra pari attraverso una partecipazione attiva degli studenti. Il nostro approccio è sempre dialogante, in ascolto dei bisogni reali e con un occhio attento alla cura delle relazioni con tutti gli attori “in scena”: studenti, insegnanti, collaboratori, educatori, genitori, territorio.
D.Bianchini

«Una nostra peculiarità - spiega Davide Bianchini che segue i percorsi di prevenzione in Lombardia - è la ricchezza di sguardi che deriva dalla “condivisione diretta”: sono tante le persone con fragilità e vissuti difficili con cui la Comunità Papa Giovanni XXIII vive, gomito a gomito, ogni giorno. E grazie ad ognuno, la nostra vita è estremamente arricchita dallo stare in relazione con loro e ci rende sensibili a ciò che potrebbe generare dolore nei ragazzi. Entrando in classe portiamo con noi queste storie di vita così faticose e qualunque studente davanti a noi potrebbe esserne il protagonista. Le testimonianze di chi è uscito da dipendenze o da agìti di violenza possono aiutare a riattivare la fiducia e la speranza che cambiare rotta è possibile».

«Senza un cambio di stile degli adulti, la battaglia non si vince»

Oggi più che mai si tratta di recuperare il contatto con le proprie emozioni, ricostruire relazioni, ricucire dialoghi interrotti andando oltre le procedure possibili dentro l’ambiente scuola, secondo gli educatori della Comunità Papa Giovanni XXIII. Per questo aumento di aggressività impulsiva e dell’isolamento di bullo e bullizzato che spesso ne consegue, il percorso da fare è lungo e non può essere solo sanzionatorio. Soprattutto bisogna riprendere il coinvolgimento degli adulti. «Se gli adulti in tv sono dei bulli, se i genitori insultano i professori – spiega ancora Fethi Atakol - come fanno gli adolescenti a credere in rapporti di rispetto e di collaborazione e agire in modo non violento senza esempi positivi davanti a sè? Non possiamo pensare che gli adolescenti facciano diversamente e per questo occorre mettere in discussione la nostra società e gli stili di vita del mondo adulto. Non ci interessano gli ‘interventi spot’ – spiegano – ma un cammino educativo duraturo, che aiuti i giovani a costruire strumenti interiori per affrontare la vita e diventare adulti di domani capaci di dialogo».