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4 Novembre 2020

La mafia nigeriana agisce in Italia

Forze di polizia e ong europee si scambiano informazioni per sgominare il traffico delle donne schiavizzate ai fini della prostituzione.
La mafia nigeriana agisce in Italia
Foto di intap-europe.eu
Azioni di polizia a Torino e a Ferrara hanno portato in carcere 69 cittadini nigeriani. Fa tappa in Germania il progetto INTAP per il contrasto alla tratta delle donne nigeriane e cinesi: «Per sradicare il fenomeno bisogna agire a livello internazionale».
Sono giorni intensi per le forze di polizia che sono a caccia di numerosi trafficanti di esseri umani, che negli anni hanno sfruttato sessualmente giovani donne soggiogandole attraverso abusi di gruppo, atti violenti e terrificanti rituali.

Tra queste operazioni la più recente riguarda gruppi mafiosi di matrice etnica noti col nome di “Viking” le cui cellule erano presenti in diverse città italiane. Le squadre mobili di Torino e di Ferrara coordinate dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, della Direzione centrale anticrimine, il 28 ottobre 2020 hanno infatti eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 69 cittadini nigeriani specializzati nel traffico di stupefacenti e prostituzione. Ma non è stata l’unica maxi operazione del 2020.

Già dal 2018 la Direzione Centrale antimafia aveva fatto emergere nella relazione annuale che dopo Cosa Nostra, 'Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita, erano penetrate in varie parti d'Italia anche mafie di matrice etnica, copiando il sistema organizzato delle nostre reti criminali e spesso instaurando con le mafie locali veri e propri sodalizi.

Donne vittime di tratta
Prostituzione sulle strade italiane
Foto di Emanuele Zamboni


Il contrasto alla tratta e alle mafie che le alimenta dunque non si può limitare solo al lavoro locale delle forze di polizia. Spesso in effetti negli ultimi anni si è verificato che trafficanti ricercati in Italia si trovassero in altri Stati europei.

E la dice lunga in effetti l’appello lanciato pochi giorni fa dall’Europol che, consapevole che la tratta e i reati sessuali richiedono la collaborazione di tutta la società, invita a collaborare nella ricerca dei trafficanti di ogni nazionalità. La Campagna ricorda che ogni due minuti viene denunciato alla polizia un reato sessuale nell’unione Europea, reati che coinvolgono in particolare donne e bambini, vittime più frequenti di sfruttamento sessuale e tratta. I criminali ricercati con tanto di foto, nome e cognome saranno visibili sul sito eumostwanted.eu. È l'avvio di una nuova strategia per rintracciare chi pensa di farla franca dopo aver sciupato l’adolescenza e la giovinezza di milioni di donne e ragazze. Anche i membri della mafia nigeriana.

I secret cults: culti segreti e mafia nigeriana

Negli ultimi anni, le indagini delle forze di polizia hanno rivelato la penetrazione nel territorio nazionale della mafia nigeriana, sviluppatasi negli ultimi vent’anni a partire da clubs universitari di Lagos, Benin City e Port Harcourt e poi cresciuta come rete criminale transnazionale fatta di gruppi basati sull’appartenenza etnico-familiare, la struttura militare, riti di iniziazione, pratiche animistiche e impiego di tecnologie avanzate. Una parte considerevole dei proventi delle attività illegali torna in Nigeria, tramite sistemi fiduciari simili all’hawala, al di fuori dei circuiti bancari. Black Axe, Eiye, Maphite, Vikings sono i nomi dei principali secret cults presenti in Italia.

I capi dei capi vivono in Nigeria dove si elabora la strategia di politica criminale da attuare in Italia e in altri paesi europei tramite gli affiliati.
Dal libro Non siamo in vendita


Di queste mafie - e in particolare dei Secret cults caratterizzati da forte capacità di assoggettamento dei capi sugli adepti - si è parlato anche in Germania il 13 ottobre scorso alla Conferenza europea a Karlsruhe promossa dalla rete antitratta tedesca Gemeinsam gegen menschenhandel e.v (Insieme contro la tratta degli esseri umani) a conclusione dei progetto INTAP.

Foto di gruppo di rappresentanti di associazioni europee
Dal 2018 la Comunità Papa Giovanni XXIII collabora con enti antitratta in Germania, Austria, Francia per liberare le schiave costrette a prostituirsi. Foto nel parlamento tedesco a Berlino dello staff del progetto europeo INTAP.


Sottotitolo: Approccio intersezionale al progetto d’integrazione in Europa per sopravvissute al traffico di esseri umani, finanziato dall’Unione Europea. Il progetto è stato focalizzato sulla tratta di donne nigeriane e cinesi, i target più gettonati dai clienti del vecchio continente, e anche le vittime più assoggettate e minacciate.

Oliver Linke, Commissario Capo della sezione Crimini di Francoforte e Main, ha sottolineato infatti che è fondamentale sostenere le vittime e incoraggiarle a denunciare i propri sfruttatori. Spesso infatti la paura delle ritorsioni su loro stesse e i propri familiari le paralizza e le induce a non dire tutto della propria storia migratoria. Per superare l’angoscia occorre soprattutto che siano supportate da un sistema di protezione solido e duraturo come quello garantito dalle Ong impegnate non solo in Germania ma anche in Italia. Soprattutto la collaborazione transnazionale con le forze di polizia italiane ha portato negli anni a importanti risultati, nel corso delle indagini. Ed è stato fondamentale imparare come sono strutturate queste reti mafiose. Spesso le mafie che si sono infiltrate per lo spaccio di droga in uno Stato dell’Unione Europea in un altro si alimenta con lo sfruttamento della prostituzione. «La loro violenza — dice Linke — va contrastata con un sistema antitratta efficace e collaborativo in tutta Europa».

Un progetto europeo per aiutare le vittime a superare la paura

Attraverso il progetto europeo INTAP, promosso dalla rete antitratta tedesca e altre organizzazioni di Germania (The Justice project e Solwodi), Italia (Comunità Papa Giovanni XXIII) e Austria (Herzwerk), e il Report “Rafforzare le opportunità e superare gli ostacoli” recentemente pubblicato, è stata messa ancora più in luce la vulnerabilità delle donne nigeriane terrorizzate dal juju (i cosiddetti riti vodu) e da diverse forme di assoggettamento delle religioni tradizionale africani e anche nelle comunità africane.

Rispetto ai trafficanti (madame e membri dei Secret cults), le sopravvissute assistite nel progetto e intervistate hanno dichiarato principalmente il terrore che un membro della famiglia muoia o venga ucciso, la paura di subire una maledizione e gli incubi ricorrenti anche a distanza di anni. Anche il ruolo delle chiese africane è visto come ambiguo perché sia in Germania che in Austria e in Italia sono sì un luogo familiare ma mettono anche in relazione le donne uscite dalla tratta con la paura di forze spirituali invisibili, associata alle tradizioni animiste e il rischio di essere nuovamente adescate da sfruttatori e sfruttatrici tra i connazionali, cosa che rappresenta un ostacolo significativo all’integrazione. Questi ultimi infatti sono visti come inaffidabili – anche oggi in piena pandemia - perché potrebbero giudicarle per il loro passato, raccontare agli altri ciò che hanno condiviso con loro, fuorviarle, essere pericolosi o riportarli addirittura in contatto con i trafficanti.

Don Benzi benedice ragazza vittima del racket della prostituzione
Don Benzi benedice una ragazza nigeriana vittima del racket della prostituzione.
L’angoscia e la paura sono l’impedimento principale in ogni progetto d’integrazione e anche di inserimento nel mondo del lavoro. «È stato davvero difficile per me – racconta una delle sopravvissute in Germania – tanto che ho pensato di suicidarmi, di uccidermi». E un’altra: «Non dormivo più la notte a causa di quello che è successo. Così, sono andata dal dottore e mi ha detto che dovrei proprio andare da uno psicologo». E un’altra giovane madre che oggi lavora in Italia: «La paura del juju è ancora dentro di me soprattutto se sono a casa e non ho nulla da fare. Quando vado a lavorare alla mattina, ritorno nel pomeriggio e poi mi prendo cura del mio bambino e infine vado dormire, così non ho il tempo di pensare. Quindi, ho bisogno sempre di fare qualcosa per non pensare». E ancora: «Ero così terrorizzata a causa della mia madame. Ma da quando sono entrata nella casa rifugio, sono finalmente al sicuro».

Terrore, paura e senso di oppressione trasmessi con stupri di gruppo, torture e ricatti in patria possono essere superati non solo con percorsi terapeutici e il supporto psicosociale delle organizzazioni impegnate al fianco delle vittime ma anche accrescendo in loro la fiducia che davvero i trafficanti, gli sfruttatori e, anche i clienti che favoriscono i loro interessi e turpi guadagni, siano al più presto assicurati alla giustizia. Sia in Europa che in Nigeria.