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13 Ottobre 2023
Ultima modifica: 13 Ottobre 2023 ore 10:54

La legge 185/90 è sotto attacco, cosa significa per l'Italia

Movimenti e associazioni si uniscono per difendere una legge storica
La legge 185/90 è sotto attacco, cosa significa per l'Italia
Il 4 ottobre, diverse associazioni e movimenti si sono riuniti alla Camera dei Deputati per discutere le possibili modifiche alla legge 185/90, che regola l'export di armi dall'Italia. L'articolo esplora le diverse opinioni e le possibili implicazioni di tali cambiamenti.
Il 4 ottobre scorso alla Camera dei Deputati, movimenti e associazioni si sono dati appuntamento in una conferenza stampa per difendere la legge 185/90 (che limita l'export di armi verso i paesi in guerra o che violano i diritti umani), in quanto il governo italiano vuole modificarla.

Promotori dell'iniziativa

Hanno promosso l'iniziativa la Comunità Papa Giovanni XXIII, Pax Christi, Commissione globalizzazione e ambiente, Federazione Chiese evangeliche, Movimento dei Focolari, le Acli, Un Ponte Per, Federazione delle Chiese Evangeliche.

Storia della legge 185

La legge 185 è frutto di una lotta portata avanti da molte associazioni che (dalla metà degli anni '80) chiedevano norme più stringenti in materia di vendita di armi da parte dell'Italia. Nacque così una normativa che vieta l'esportazione di armi in paesi in guerra, sotto embargo Onu o in cui non si hanno garanzie rispetto ai diritti umani. Alex Zanotelli, missionario comboniano che fu tra i promotori dell'iniziativa allora, e lo è oggi, la definisce «la migliore in Europa».

Modifiche in vista

«Eppure – ribadisce – è in via di ridefinizione da parte del governo di Giorgia Meloni». Lo scorso agosto il governo manifestò la volontà di modificare la legge 185, e fu messa «frettolosamente in cantiere» alla Camera, come ha spiegato in conferenza stampa Graziano Del Rio, parlamentare Pd ed ex ministro: la legge è arrivata oggi in Commissione esteri e Difesa, ed è stata proposta l'approvazione in Commissione redigente per evitare che l'Aula possa discuterne. Ci siamo opposti e abbiamo chiesto di poter fare delle audizioni".

Rischi e controversie

Paolo Ciani, esponente della Comunità di Sant'Egidio, ricorda i gravi rischi che si corrono modificando una legge tanto tutelante: «La guerra in Ucraina ha fatto scattare il riarmo, basta pensare all'annuncio tedesco di mettere 100 miliardi di euro nella difesa all'indomani dell'inizio del conflitto, una decisione che mette in discussione tutti gli equilibri del secondo dopoguerra».

Opinioni contrarie

Per Maurizio Simoncelli, cofondatore dell'Archivio disarmo, «è una legge storica e non è vero, come sostiene chi vuole cambiarla, che sia troppo stringente. Tra il 1990 e il 2005 l'export medio annuale valeva tra 1,5 e i 2 miliardi di euro; dal 2005 ad oggi è raddoppiato. E' evidente che le lamentele degli industriali sono infondate. Fino a poco tempo fa il 30% del nostro export militare era rivolto a Medio Oriente e Nord Africa. Adesso, secondo il governo, possiamo inviare in Arabia Saudita bombe e missili perché la situazione nello Yemen è meno tesa. Eppure si spara ancora e le condizioni dei diritti umani nei due Paesi sono disastrose. Con la nuova legge, ogni Paese con cui l'Italia ha un accordo di cooperazione militare – e non sono pochi - verrebbe esentato dai controlli. Le maglie si allargherebbero moltissimo».

Padre Zanotelli è arrabbiato e diretto: «Non ho mai visto un governo così chinato sul tema armi. La pressione arriva dall'industria, ma anche dall'Unione Europea: una legge a sostegno della produzione di munizioni finanziata con 500 milioni di euro è stata approvata la scorsa estate dal Parlamento Europeo con una procedura d'urgenza. Sono preoccupato dal silenzio su questo tema, la gente non è informata. Le armi servono a difendere il nostro stile di vita, quello del 10% del mondo che consuma il 90% delle risorse. Sono un missionario e ho visto gli effetti della guerra nei Paesi poveri. Attenti! Stiamo rischiando tutto».

Esperienze e Proposte

Pietro Strada, per la Comunità Papa Giovanni XXIII ha raccontato l'esperienza delle reti «Genova aperta alla Pace» e «Fari di Pace», nata proprio con l'obiettivo di sostenere la 185, nella consapevolezza che dal porto ligure passino le armi destinate alle guerre. Ha ribadito come la Apg23 una soluzione ce l'ha e la propone: il Ministero della Pace.

Dettagli del nuovo DDL

Nel testo del nuovo DDL c'è la chiara intenzione di implementare un controllo blando (rispetto a quello previsto dalla 185) soprattutto a livello di autorizzazioni e, di conseguenza, ci sarebbe una grande facilitazione delle esportazioni di armamenti militari. Il nuovo Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa – CISD avrebbe il compito di «applicare divieti» di esportazione dei materiali d'armamento stabiliti dalle norme nazionali e internazionali: di fatto viene sottoposta la decisione ad un giudizio di tipo politico più che giuridico.

Pressioni dell'Industria Militare

L'industria militare negli ultimi anni ha più volte richiesto di modificare le norme della 185, per facilitare le esportazioni di armamenti e così aiutare la competitività dell'industria militare, (definendolo un «settore strategico per l'economia nazionale»).

Dati e Denunce

Eppure i dati del governo evidenziano una continua crescita nel volume di autorizzazioni e soprattutto di consegne all'estero di materiali d'armamento. Rete Italiana Pace e Disarmo denuncia che «E' progressivamente aumentato anche il numero totale di Stati clienti raggiunti dagli armamenti italiani, un dato che pone il nostro Paese ai primi posti nel commercio mondiale di armamenti».