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16 Giugno 2022
Ultima modifica: 16 Giugno 2022 ore 14:24

Chiesa Cattolica, le persone disabili si raccontano

Cosa sono le case delle autonomie? La parola ai protagonisti, durante il convegno sulla disabilità della CEI.
Chiesa Cattolica, le persone disabili si raccontano
L'animale tacciato di andare troppo piano e di essere un po' goffo nel camminare, la tartaruga, è il simbolo della Casa delle autonomie. L'esperienza di vita autonoma vissuta da alcune persone con disabilità nella città di Faenza (RA).
È Giusy a raccontarsi, al 1° convegno promosso dal Servizio per la pastorale della disabilità della CEI Noi non loro. La disabilità nella Chiesa, tenutosi a inizio mese a Roma. Spiega che i limiti o le lentezze, in realtà, possono trasformarsi in risorsa; che anche le persone disabili possono provare a vivere da soli.

Persone con disabilità invervengono durante il convegno
Noi non loro. La disabilità nella Chiesa: persone con disabilità intervengono a convegno del Servizio per la pastorale della disabilità della CEI, giugno 2022
Giusy Lavanna (a destra nella foto), ha 30 anni, lavora in una scuola materna, raggiungendo in autonomia col treno il proprio posto di lavoro. E grazie al percorso promosso dall’Associazione Genitori Ragazzi con disabilità nata nel 2004 a Faenza, dallo scorso anno vive con Claudia, Anna e Giovanni sperimentando nella quotidianità dentro e fuori dalla loro casa cosa vuol dire autonomia. Non ha peli sulla lingua e racconta anche delle ricette che ha imparato a cucinare grazie ad un corso di formazione e all’allenamento a gestire i pasti quotidiani coi suoi coinquilini, superando le paure: «Ho imparato a fare i risotti coi funghi, allo zafferano, la carbonara e l’insalatone. Guardando i miei educatori e seguendo le procedure delle ricette in cucina ho imparato con calma… ma poi ce l’ho fatta».

Le case delle autonomie per le persone con disabilità

Anche Luigi Franchinelli (a sinistra nella foto) interviene. Vive in una casa delle autonomie del progetto “Provo a vivere da solo” promosso da: GDR; cooperativa La Fraternità; Comunità Papa Giovanni XXIII. Ha 34 anni e di giorno svolge un tirocinio inclusivo presso il Museo internazionale della Ceramica di Faenza. Non nasconde che all’inizio non è stato facile andare a vivere da solo con altri ragazzi con disabilità: «A casa propria è più facile perché ci sono i genitori che fanno tutto. Quando invece vai a vivere da solo sei tu in primis che ti devi dare da fare… e ho pure imparato a salutare con un sorriso quando esco ed entro a casa, cosa che prima non facevo». La domenica infatti ognuno torna di nuovo nelle proprie famiglie o case-famiglia.

È il loro riscatto. Sono loro i protagonisti di cui si è messa in ascolto la Chiesa, narrazioni raccontate dalla viva voce di chi le sperimenta per testimoniare che l’unione fa la forza. Queste case delle autonomie, pur col sostegno quotidiano di educatori e volontari, nel quartiere ne sono una prova. Questa esperienza straordinaria è frutto di un lungo percorso partito dieci anni fa e che ha coinvolto bambini, famiglie e associazioni passo dopo passo per costruire un progetto di vita autonoma.

La disabilità è uno dei tanti modi di vivere un periodo della vita. Anche tutta
Elio Angione

Questi giovani con disabilità hanno potuto crescere, sperimentarsi e acquisire competenze all’interno di progetti come quello della Bottega della Loggetta, laboratorio e punto vendita di prodotti biologici. Dietro a questo progetto, un percorso sperimentale di formazione pedagogica e psicologica proposto ad alcune famiglie con disabilità da alcuni professori dell’Università di Bologna (tra cui il compianto Andrea Canevaro), per sviluppare interventi individuali nei contesti di vita dei ragazzi e prepararli, passo dopo passo, ad abitare uno spazio tutto loro (la loro casa), cercando di mantenere le relazioni coi familiari e col territorio. Ma anche di avere ogni giorno un mestiere in cui spendersi, opportunità concreta di lavoro.

Ragazzo disabile che cucina
Ragazzo disabile che cucina


E poi è intervenuto agli incontri per la consultazione speciale del Sinodo Elio Angione, che da anni vive in una casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII nel frosinate. Oltre al supporto, dall’alto della sua carrozzina, alla mamma della casa famiglia Lucia e alle persone accolte, da anni è impegnato a collaborare nelle attività di segreteria dell’associazione di don Benzi. Porta avanti da anni su Facebook una sorta di rubrica Il buongiorno di don Oreste”, con le parole tratte dal messalino Pane Quotidiano

Il 15 giugno si è chiusa la fase di consultazione speciale che il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita della Chiesa Cattolica ha promosso perché nel cammino sinodale della Chiesa italiana potesse avere spazio con altrettanta dignità la voce di chi è considerato agli occhi della società più vulnerabile e per questo troppo spesso emarginato.

Disabilità: le citazioni

Elio Angione, anziano disabile, al pc
Elio Angione, membro della Comunità Papa Giovanni XXIII
Elio da un mese sta partecipando attivamente alla riflessione sulla partecipazione alla vita della Chiesa e la piena inclusione delle persone con disabilità. Anche per lui una esperienza emozionante essere ascoltato da vescovi, preti, suore e laici autorevoli, percependo che senza questi consigli e testimonianze “dal basso” il sinodo non possa proprio prendere il via.

Racconta: «Siamo infatti tutti figli di un Dio Padre che ci ama così come siamo – ha spiegato Elio – nonostante in noi il bilancio dei difetti superi quello dei pregi. Quanti fratelli disabili sono invisibili? Molti lo sono e si conoscono solo per i loro bisogni materiali, dimenticando la loro anima, la loro sofferenza tanto amata da Gesù Crocifisso».  

E ha continuato, senza mezze parole: «La disabilità è uno dei tanti modi di vivere un periodo della vita. Anche tutta! Il fatto è che colui che ci vuole bene e si prende cura di noi è lo stesso Signore che ci mantiene in vita, ovvero in relazione con Lui e con chi vive accanto a noi. La santità non è un'opera straordinaria di un singolo ma una collaborazione amorevole nello scambio di bene reciproco espresso in ogni modo: parole, sguardi, sorrisi, gesti». Per questo diceva infatti don Oreste Benzi che “le membra più fragili sono le più necessarie”».

Tra le parole che ha scritto nel rispondere ai quesiti della consultazione sinodale con umiltà disarmante ce ne sono alcune che hanno un profondo senso profetico: «La disabilità non impedisce anzi suggerisce. Non ruba il tempo altrui ma lo impreziosisce! Non appesantisce ma nobilita gli animi! Ci rende padri, madri e fratelli gli uni degli altri. Precedendo le richieste. Dando aiuto senza farsi notare».

E anche ad Elio, come a Giusy e Luigi, non manca neppure il sorriso e il senso dell’umorismo. Elio ci tiene a sottolinearlo pensando a chi pensa che le tartarughe si offendono o si vergognano per il loro passo diverso: «La disabilità non teme l'ironia serena della battuta che non offende ma solleva l'umore».

E in fondo il suggerimento di Mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi, consultore della segreteria del Sinodo, nel suo recente intervento sulla disabilità nella Chiesa ha colto nel segno dicendo che: «Il cammino sinodale non è una corsa e sarebbe bello che il logo fosse una tartaruga. Il cuore del servizio è l’ascolto, altrimenti il servizio diventa affanno e agitazione. L’ascolto richiede di andare lenti e di stare spesso seduti. La velocità del cammino sinodale è misurata dalla profondità delle relazioni che si creano. Una persona senza gambe mi ha insegnato a vivere e a usare bene le gambe, perché ciò che conta sono le relazioni. C’è solo un grande noi da cui imparare. Siamo membra diverse, siamo tutti membra e ciascuno ha qualcosa da dare e da dire all’altro».