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5 Agosto 2021
Ultima modifica: 6 Agosto 2021 ore 11:12

In 3000 comprano la Alan Kurdi per salvare ancora

La vecchia nave della Sea Eye, famosa per il no all'approdo di Salvini, torna in mare grazie al crowfunding. Cercherà naufraghi nel Mediterraneo.
In 3000 comprano la Alan Kurdi per salvare ancora
Foto di RESQ
L'idea di un gruppo di amici nata nel 2019 è diventata ora un progetto concreto: la neonata onlus RESQ da loro fondata è riuscita a raccogliere il denaro per acquistare la nave. Il 31 luglio si è celebrato il varo. Ora, salvare vite in mare potrà costare anche 10.000 euro al giorno.
Luciano Scalettari, vice-caporededattore di Famiglia Cristiana, a metà 2019 era al ristorante con alcuni amici. Rimbalzavano sulle televisioni in quel periodo le immagini delle stragi di migranti che cercavano di attraversare il Mediterraneo (circa 1300 i morti in quell'anno). I dibattiti nei salotti centravano la discussione sui decreti Sicurezza voluti dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, volti a contrastare la regolarizzazione dei richiedenti asilo e la presenza di navi di salvataggio in mare.
 
Quattro amici, alcuni con le mogli; al tavolo c’era anche Giacomo Franceschini, responsabile a Milano della Ong INTERSOS. Per un istante la consapevolezza per quelle morti in mare ha fermato chiacchiere e risate sommesse.
 
In quei giorni oltre 150 migranti erano trattenuti sulla nave della Ong spagnola Proactiva Open Arms, a cui dal Governo italiano veniva impedito (per oltre 20 giorni) di attraccare. E poco tempo prima, ad aprile 2019, 60 persone (fra cui una donna incinta e un bambino) erano rimaste per 10 giorni in mare sulla Alan Kurdi dopo essere state raccolte in mare.

Vicende che scaldavano il cuore. Quasi 100.000 persone (riporta Amnesty International) avevano raggiunto l’Europa nel 2019 attraverso il Mediterraneo.

Eppure nessuno di quegli amici avrebbe potuto immaginare che da lì a due anni, con una pandemia in mezzo, sarebbero riusciti a comprare addirittura la stessa nave, dismessa intanto dall'ong tedesca per l'acquisto di un natante più grande.

E così, ad un anno esatto dalla prima conferenza stampa nella quale veniva lanciata la proposta di una nave per salvare i migranti che fosse sostenuta e finanziata dalla gente comune, il 31 luglio 2021 si è potuto celebrare (online da Burriana in Spagna) il varo della RESQ - People Saving People.



A bordo, oltre ai kit per il primo soccorso, anche tutto ciò che serve per accogliere un bambino, e anche per aiutare eventualmente una donna a partorire in condizioni dignitose.

Il sostegno del mondo cattolico

Al momento del varo della nave, collegato online, ha preso posizione il Cardinale Matteo Maria Zuppi,arcivescovo di Bologna: «Salvare chi annega in mare — ha detto — è un'azione politica, nel senso migliore del termine, non di parte. A chi è preoccupato che con quei soldi si potrebbero aiutare prima gli italiani in difficoltà noi cristiani rispondiamo che il prossimo di Gesù non ha distinzioni o qualifiche. Quando si contrasta la povertà e aiutiamo gli ultimi, chiunque essi siano, tutta l'umanità sta meglio, e stiamo meglio tutti».

Così Filippo Ivardi Ganapini, direttore di Nigrizia, la rivista dei missionari comboniani:
«Un segno bello, di grande speranza e profetico. Partire insieme verso i luoghi dei crocifissi, per camminare insieme alle loro difficoltà è un modo per costruire dal basso il mondo che Dio sogna con noi».

Intervista al Presidente di ResQ

Raggiunto per telefono nel suo ufficio Luciano Scalettari così ha raccontato a semprenews.it i pensieri di quel momento al ristorante con gli amici: «Non si può più vedere, la gente sta morendo in mare. Le navi sono bloccate. Qualcosa bisogna fare». E poi l'idea.

Mandiamo una nave anche noi, una nave della gente comune, per salvare chi annega
Luciano Scalettari
 
«Vista ad oggi — il racconto di Luciano Scalettari torna al presente — abbiamo avuto un’idea assolutamente folle. Ma ci eravamo detti: “proviamo, cerchiamo di raccogliere i soldi. Se non ci riusciremo li daremo tutti a chi già lo fa”. Abbiamo proposto ad altri amici di aderire, e così per alcuni mesi l’idea è cresciuta lentamente, nell’ombra. Evitavamo la pubblicità e cercavamo di mettere insieme le persone.  Il 18 dicembre 2019 eravamo dal notaio per celebrare la nascita della nostra associazione, ResQ, Persone Salvano Persone».

La nave RESQ al varo
La nave, battente bandiera tedesca, varata dalla onlus italiana RESQ People Saving People
Foto di RESQ

Una nave della gente comune

Fioccano gli eventi di raccolta fondi. A dicembre 2020 è arrivato l'annuncio di una donazione di 100.000 euro da parte dell'Unione Buddhisti Italiani. 3000 sono le sottoscrizioni contate al momento del varo.
 
Si sono entusiasmati per l’iniziativa l'ex procuratore capo di Torino Armando Spataro, e poi l’ex magistrato Gherardo Colombo. Si sono uniti nei mesi a seguire nomi noti e meno noti. Sono diventati soci il comboniano Padre Alex Zanotelli, ma anche il giornalista Gad Lerner, a titolo personale diversi membri della Comunità Papa Giovanni XXIII e di altre associazioni.

Una nave per i profughi. Ma poi è arrivato il Coronavirus.

«Nei mesi di lockdown abbiamo avuto modo di riflettere sull’intuizione originaria. Si è consolidata l'idea di un intervento strettamente umanitario, per smarcarci da critiche e interessi di parte. Siamo consapevoli che il tema dei migranti è molto divisivo per le persone, ma sul denominatore comune umanitario minimo, quello di non lasciare affogare la gente in mare, siamo sicuri che la maggior parte degli italiani sia d’accordo. Dunque lavoriamo solo sul salvataggio in mare. Nessuno di noi può prescindere dall'obbligo del soccorso, garantito sia dal diritto internazionale che dalla costituzione».
 
«Non ci aspettavamo le centinaia di email, i 300 associati e i 600 donatori arrivati subito dopo il lancio del progetto avvenuto il 28 luglio 2020. Ma è evidente che una parte di italiani non riesce più a sentirsi impotente di fronte a queste morti. Abbiamo ricevuto offerte di competenze di tutti i tipi, dagli esperti di meteorologia ai grafici, tanti volontari si sono attivati per sostenere l’idea e per organizzare eventi di lancio. Cercavano un’occasione per fare qualcosa, e noi l’abbiamo loro data».
 
Esterne della Alan Kurdi con scritta Sea-Eye e profughi a bordo
Arrivo di 88 migranti salvati in mare dalla Alan Kurdi nel porto di Taranto, 3 novembre 2019.
Foto di ANSA/RENATO INGENITO

Che associazioni ed enti hanno aderito?

«All’associazione abbiamo scelto che possano associarsi solo persone, con un volto ed un nome. Enti e partiti possono attivarsi come appoggi esterni e supporter. L’abbiamo scelto per evitare di apparire appannaggio di una o di un’altra parte. Saremo la nave degli italiani, tutti potranno sentirsi a casa».

Ma un’ennesima nave in mare non favorisce l’immigrazione irregolare?

«L’espressione “irregolare”, come “clandestina”, è imprecisa e sbagliata: le migrazioni se sono irregolari vanno sistemate quando una persona arriva in un paese europeo, perché il diritto alla libertà di movimento è riconosciuta dalla Dichiarazione universale dei diritti umani. Anche i migranti che vengono definiti “economici” hanno il diritto di cercare la possibilità di avere un futuro, per sé o per i propri figli: questo diritto va mediato, e armonizzato, con il diritto alla sicurazza di ogni stato. Ma per chi chiede — o per chi ha intenzione di chiedere —una forma di protezione, non si può parlare di condizione di irregolarità».

La presenza delle navi in mare favorisce le partenze dei migranti?

«Lo chiamano pull factor e non sono io a dire che non abbia trovato fondamenti nei dati statistici o nelle ricerche scientifiche: lo dicono gli esperti. Non c’è nessuna correlazione fra presenza di navi di soccorso in mare e numero di migranti in viaggio. Chi conosce le modalità di partenza dalle coste africane lo sa: non è un migrante a decidere il momento in cui affittare una barca e partire, ma sono i trafficanti ad imporlo, motivati da interessi economici o politici, non certo dalle speranze di sopravvivenza delle persone».

Barcone stracarico di migranti durante un salvataggio a Lampedusa
Salvataggio operato dalla nave privata SOS Mediterranée, Lampedusa, 17 aprile 2016. I migranti raccontano di essere partiti dalla Libia su un gommone in 130-140. Ne sono stati salvati 108 dalla nave Aquarius dell'Associazione SOS Mediterranee. Due risultano annegati, 6 giacevano cadaveri nel fondo dell'imbarcazione: tutti gli altri risultano dispersi.
Foto di ANSA

Perchè una nuova nave in mare, non bastavano quelle che c’erano?

«Ma perché una nave in più? Perché crediamo che ci sia bisogno di 10, 100 navi in più, a presiedere quel tratto di mare: troppo spesso gli sos cadono nel vuoto. Lavoreremo a stretto contatto con le altre Ong impegnate nei salvataggi in mare».

Come sostenere ResQ

È possibile diventare soci dell’iniziativa attraverso il sito resq.it, dove è possibile anche fare una donazione.

«Sarà importante sostenere il progetto nel tempo, perché dopo il varo continueremo a sostenere le spese. Ci aiuteranno tutti coloro che daranno una mano ad organizzare gli eventi di promozione, iniziative di vicinanza, ad offrire il proprio tempo come volontario, a partire dalla terra ferma», conclude Scalettari.